Mercoledì 26 Marzo 2014 ore 21.00  Giulio Di Meo  presenta

PIG IRON

Il ferro dei porci

di Giulio Di Meo

Un libro fotografico  sulle gravi ingiustizie sociali e ambientali commesse dalla multinazionale Vale negli stati brasiliani del Pará e del Maranhão, tra i più poveri del Paese.
Una pubblicazione indipendente e autoprodotta, per destinare parte del ricavato ad un progetto teatrale portato avanti dai giovani della compagnia “Juventudes pela Paz” di Açailândia nel nordest del Brasile e per cercare di proporlo ad un prezzo accessibile a tutti.

Pig Iron è un libro prodotto in modo indipendente grazie al contributo di amici, studenti, appassionati di fotografia, associazioni.
Pig Iron vuole essere testimonianza ed esempio che un’altra fotografia è possibile. Una fotografia che oltre a denunciare ed informare cerca anche atti di concretezza. Per questo motivo parte dei ricavati del libro saranno destinati ad un progetto teatrale portato avanti da un gruppo di giovani delle comunità nel nordest del Brasile e per sostenere la campagna Justicia nos trilhos.

FOTOGRAFIA SOCIALE

La fotografia è necessariamente sociale, anche se di strade per raccontare quello che succede intorno a noi ce ne sono diverse. Purtroppo oggi se ne sceglie quasi sempre una banale, violenta, piena di clichè, immagini che hanno contribuito ad assuefare le nostre coscienze. Sarebbe bello se la fotografia potesse risvegliare la nostra indignazione e al tempo stesso restituire dignità a coloro che vivono ai margini di questa stessa società. Non è facile, ma ci si può riuscire.

C’è bisogno di una fotografia che necessità di una sensibilità, di un’etica, di un impegno particolare.

Una “fotografia” che vuole essere una sorta di ricerca antropologica dove il fotografo viene immerso nel contesto che lo circonda, dovendosi inserire in tale realtà senza creare ulteriori difficoltà. Una fotografia desiderosa di farsi carico delle lotte, della rabbia, delle ingiustizie che ci circondano; una fotografia capace di indignare parlando con amore, passione, speranza. E’ questa quella che io amo definire la mia fotografia, è questa che cerco di trasmettere durante i miei workshop. Fotografare con uno spirito impregnato di intensa umanità è a mio avviso il solo modo per comprendere le storie delle persone che si incontrano per le strade del mondo, catturarle e restituirle dignitosamente agli occhi di chi non piange più quando si imbatte in una immagine che dovrebbe emozionare.

Giulio Di Meo (Capua, 1976) è un fotografo freelance italiano particolarmente impegnato nel reportage sociale. Fotografo atipico, porta avanti i propri progetti in modo indipendente; non lavora per agenzie, né per riviste. Crede nella fotografia come strumento per informare e denunciare, come mezzo di cambiamento personale, sociale e politico.

“E’ questa la mia fotografia, quella che amo e che mi piace definire sociale; una fotografia fatta di lotta, rabbia, indignazione ma anche di amore, passione, speranza….una fotografia impregnata da un’intensa umanità”.

Da una decina di anni cerca di promuovere, attraverso incontri e workshop, in Italia e all’estero, un nuovo modo di vivere la fotografia. È convinto che il reporter non può limitarsi solo a informare ma deve agire concretamente, impegnandosi nelle realtà che documenta. A partire dal 2003 lavora al progetto fotografico Riflessi Antagonisti sulle realtà e lo sfruttamento dei paesi latinoamericani e dal 2006 a Obiettivo Sahrawi sulle condizioni di vita nei campi profughi.

Tra i suoi reportage: Riflessi Cubani; Tra cielo e terra, sulla quotidianità delle Favelas di Rio de Janeiro; Casa Luzzi vive, occupazione di un ex-ospedale di Firenze da parte di 350 famiglie di immigrati; Fiori di strada, sulla vita delle prostitute di Bologna; Rocinha, una favela di Rio de Janeiro; Dandara, un’occupazione urbana di Belo Horizonte in Brasile. Nel 2007 realizza per l’Arci il libro “Cinquant’anni di sguardi”, un viaggio attraverso i circoli in Italia.

Negli anni ha realizzato mostre, calendari, poster e incontri per raccogliere fondi per diversi progetti sociali in queste realtà. Di Meo ha ascoltato molto e ne ha fatto immagini, guidato dalla speranza che il tempo e la storia, che premiano solo i vincitori, non dimenticassero gli attimi fatti passare in sordina. A quegli attimi ha dato una luce, con quegli attimi cerca di suscitare l’indignazione di fronte all’ingiustizia.
www.giuliodimeo.it